Leggio 1: Pietre Etrusche Fiesolane a Londa
Il territorio dell’attuale Comune di Londa è abitato da millenni e costellato di diverse tracce di insediamenti antropici sparsi soprattutto su poggi e crinali.
Dalle testimonianze del periodo Romano Imperiale, la zona di Londa era un Pagus etrusco, ovvero una comunità tollerata e inglobata nella centuriazione. Come la maggior parte degli insediamenti Etruschi e Villanoviani (età del Bronzo) si trattava di piccole comunità agricole che sorgevano lungo le vie di comunicazione, tipicamente in posizione sopraelevata, dalle quali arrivavano merci e mode da tutto il mediterraneo. Insediamenti dell’epoca villanoviana sorgono tra il IX-VII sec AC, quando importanti e nobili famiglie si arricchiscono nell’area con l’agricoltura e il controllo delle rotte commerciali e della viabilità. I ritrovamenti archeologici nella zona di Londa si riferiscono al periodo Etrusco “orientalizzante” e riferito al V-VI sec. A.C. e testimoniano di una certa importanza dell’area. Del resto la posizione geografica baricentrica tra il Mugello, a Nord, e il Casentino, a Est, con numerosi reperti rinvenuti, non poteva che porre l’attuale territorio di Londa in una posizione strategica per traffici e commerci.
Le testimonianze sono alcuni tra i più interessanti cippi funerari etruschi, del tipo “pietra fiesolana”, rinvenuti nella Toscana orientale. Le simbologie rappresentate e la qualità artigianale testimoniano benessere e ricchezza, oltre che una certa passione per l’esotico tipico dell’aristocrazia etrusca del tempo. Queste pietre arenarie decorate costituivano importanti punti di riferimento per la viabilità lungo la quale avevano luogo sepolture di personaggi famosi, che affidavano a materiali così duraturi la propria egemonia sul territorio. La similitudine di questi reperti ad altri cippi rinvenuti intorno a Firenze confermano una omogeneità territoriale dell’intero circondario governato dalla Lucomonìa di Vipsul (Fiesole).
Il ritrovamento di questi cippi è stato quasi sempre casuale e avvenuto nelle frazioni sui colli dell’attuale abitato di Londa, e la zona manca di uno studio approfondito. La particolarità della valle del Moscia è che la densità di questi ritrovamenti all’interno di un’area così poco estesa è un caso molto particolare che ha portato diversi studiosi a ipotizzare la presenza di strutture templari lungo l’antica viabilità che avrebbe collegato la Valdisieve e il Mugello verso il Casentino che sottenderebbero l’esistenza di una importante Necropoli ancora non scoperta. Evidenza di insediamenti, testimoniati dalla presenza di sepolture, sono frequenti e ben documentati a Nord Ovest, nelle località di Frascole e Cella (Comune di Dicomano) e a Nord Est sul Monte Falterona (dall’etrusco “Falt Runa”, Trono degli dei) dove si trova il celebre Lago degli Idoli. Il territorio di Londa era similmente popolato presso le località Trebbio e Vierle, e un villaggio è stato rinvenuto sulla sommità di Poggio Alto. Questo in particolare è stato identificato come uno dei primi insediamenti etruschi, a cavallo tra Val di Sieve e Casentino. Questa area è stata teorizzata essere la culla di questa civiltà così particolare, che avrebbe in seguito assunto una vera passione orientaleggiante grazie al commercio con le altre civiltà Mediterranee.
Le steli di Londa sottolineano l’importanza della “Via Etrusca” che collegava Valdisieve e Mugello con il Casentino, che fu poi riutilizzata e mantenuta in epoca Romana. Del periodo Romano non restano particolari emergenze, se non in alcuni toponimi come Caiano (Caianus) e Petroio (Petroius) di epoca Imperiale.
“Stele di Londa I” (VI sec. A.C.)
E’ la più famosa delle tre. Rinvenuta casualmente nel 1871 presso il podere “Il Trebbio” in località San Lorenzo a Vierle è costituita di pietra arenaria tipo Pietra Forte. Fu donata dal Marchese Strozzi al Museo Archeologico di Firenze dopo la scoperta ed è oggi esposta in Villa Corsini a Castello. Si tratta di una lastra a forma di “lira” con parte superiore decorata a palma con sette foglie. La cornice è riccamente adornata con motivo a rilievo sullo spessore della pietra (particolarità molto rara) e una doppia serie di linguette concave contrapposte. I bassorilievi sono realizzati su entrambe le facce: da un lato una donna di profilo con un copricapo a punta, seduta su un trono decorato, che porta un rametto con tre frutti di melograno nella mano destra; il lato opposto mostra una sfinge alata con la zampa sollevata. Entrambe le figure sono rappresentate di profilo e guardano verso sinistra, e sembrano specchiarsi nella posa: entrambe sono raffigurate sedute, ed entrambe hanno la mano (o la zampa) destra alzata. I melograni sono un riferimento al mito greco di persefone, quindi un chiaro riferimento all’aldilà, mentre nel mondo etrusco la sfinge alata è ampiamente diffusa fin dal VII secolo a.C. e l’iconografia è quella di un essere ibrido in cui coesistono la natura umana e la natura felina; è sempre a guardia di una tomba o di un’intera necropoli perchè simbolo del mistero e della morte. Artisti fenici, greci e etruschi raffigurano la sfinge sui preziosi oggetti del corredo delle grandi tombe principesche dell’Etruria, che esaltano in questo modo la valenza della sfinge come animale “sacro”, rappresentato per celebrare la virtus del principe, in quanto antagonista più eccellente.
La figura femminile suggerisce che la sepoltura doveva essere di una donna di alto rango. La posizione seduta, la decorazione del trono su cui siede e la presenza di gioielli sottolineano il suo alto rango. Il copricapo a punta (un tutulus), verosimilmente in lana, è tradizionalmente attribuito alle bambine e alle madri, ma anche delle classi più agiate.
“Stele di Londa II” (VI-V sec. A.C.)
Di fattura simile rispetto alla Stele di Londa I, presenta la stessa forma e un materiale simile, ma stavolta il lato posteriore e quello laterale sono semplicemente levigati. Si tratta dell’immagine della defunta, una donna nobile, che sta portando un’offerta al mondo dei morti: la donna raffigurata è raffigurata in piedi di profilo sinistro, porta una collana e un “tutulus” con velo, con lunga veste aderente che solleva con la mano sinistra, nella mano destra stringe una melagrana; ai piedi porta un paio di calcei repandi (calzari a punta) orientalizzanti. Si nota una particolare somiglianza con la Stele di Artimino I a Prato e a quella della Camporella a Sesto Fiorentino, tanto che non si esclude che Londa I, Londa II e queste altre possano provenire dalla stessa bottega artigiana. Il motivo decorativo a foglie di palma e la forma allungata a lira è stato interpretato come avente funzione fitomorfa, nel senso che l’albero o il bosco sacro prospiciente l’area sacra si sarebbe come aperto per accogliere la figura della defunta, come augurio di una ulteriore assunzione di vitalità: si tratta di una funzione esornativa ricorrente già dal primo millennio avanti cristo in Oriente, confermando il gusto Etrusco in questo senso. Steli a forma ovoidale sono state rinvenute in Grecia riferibili al periodo attico arcaico (VI A.C.). La stele è conservata nella Villa Corsini a Castello.
“Stele di Vierle” (VI-V sec. A.C.)
Frammento inferiore di una stele etrusca, rinvenuta all’interno della muratura di una stalla a Casa al Nespolo vicino a Vierle. Oggi custodita nel Museo Archeologico Comprensoriale del Mugello e della Val di Sieve di Dicomano (FI). Si evince una cornice a linguette e a listello, al cui interno, a bassorilievo, sono rappresentati i piedi e la parte inferiore delle gambe di una figura virile di profilo verso sinistra e una parte di un’asta. Probabilmente in origine simile alle steli del Trebbio e di Sant’Agata che raffigurano un guerriero.
“Stele di Londa I” (VI sec. A.C.)
E’ la più famosa delle tre. Rinvenuta casualmente nel 1871 presso il podere “Il Trebbio” in località San Lorenzo a Vierle è costituita di pietra arenaria tipo Pietra Forte. Fu donata dal Marchese Strozzi al Museo Archeologico di Firenze dopo la scoperta ed è oggi esposta in Villa Corsini a Castello. Si tratta di una lastra a forma di “lira” con parte superiore decorata a palma con sette foglie. La cornice è riccamente adornata con motivo a rilievo sullo spessore della pietra (particolarità molto rara) e una doppia serie di linguette concave contrapposte. I bassorilievi sono realizzati su entrambe le facce: da un lato una donna di profilo con un copricapo a punta, seduta su un trono decorato, che porta un rametto con tre frutti di melograno nella mano destra; il lato opposto mostra una sfinge alata con la zampa sollevata. Entrambe le figure sono rappresentate di profilo e guardano verso sinistra, e sembrano specchiarsi nella posa: entrambe sono raffigurate sedute, ed entrambe hanno la mano (o la zampa) destra alzata. I melograni sono un riferimento al mito greco di persefone, quindi un chiaro riferimento all’aldilà, mentre nel mondo etrusco la sfinge alata è ampiamente diffusa fin dal VII secolo a.C. e l’iconografia è quella di un essere ibrido in cui coesistono la natura umana e la natura felina; è sempre a guardia di una tomba o di un’intera necropoli perchè simbolo del mistero e della morte. Artisti fenici, greci e etruschi raffigurano la sfinge sui preziosi oggetti del corredo delle grandi tombe principesche dell’Etruria, che esaltano in questo modo la valenza della sfinge come animale “sacro”, rappresentato per celebrare la virtus del principe, in quanto antagonista più eccellente.
La figura femminile suggerisce che la sepoltura doveva essere di una donna di alto rango. La posizione seduta, la decorazione del trono su cui siede e la presenza di gioielli sottolineano il suo alto rango. Il copricapo a punta (un tutulus), verosimilmente in lana, è tradizionalmente attribuito alle bambine e alle madri, ma anche delle classi più agiate.
“Stele di Londa II” (VI-V sec. A.C.)
Di fattura simile rispetto alla Stele di Londa I, presenta la stessa forma e un materiale simile, ma stavolta il lato posteriore e quello laterale sono semplicemente levigati. Si tratta dell’immagine della defunta, una donna nobile, che sta portando un’offerta al mondo dei morti: la donna raffigurata è raffigurata in piedi di profilo sinistro, porta una collana e un “tutulus” con velo, con lunga veste aderente che solleva con la mano sinistra, nella mano destra stringe una melagrana; ai piedi porta un paio di calcei repandi (calzari a punta) orientalizzanti. Si nota una particolare somiglianza con la Stele di Artimino I a Prato e a quella della Camporella a Sesto Fiorentino, tanto che non si esclude che Londa I, Londa II e queste altre possano provenire dalla stessa bottega artigiana. Il motivo decorativo a foglie di palma e la forma allungata a lira è stato interpretato come avente funzione fitomorfa, nel senso che l’albero o il bosco sacro prospiciente l’area sacra si sarebbe come aperto per accogliere la figura della defunta, come augurio di una ulteriore assunzione di vitalità: si tratta di una funzione esornativa ricorrente già dal primo millennio avanti cristo in Oriente, confermando il gusto Etrusco in questo senso. Steli a forma ovoidale sono state rinvenute in Grecia riferibili al periodo attico arcaico (VI A.C.). La stele è conservata nella Villa Corsini a Castello.
“Stele di Vierle” (VI-V sec. A.C.)
Frammento inferiore di una stele etrusca, rinvenuta all’interno della muratura di una stalla a Casa al Nespolo vicino a Vierle. Oggi custodita nel Museo Archeologico Comprensoriale del Mugello e della Val di Sieve di Dicomano (FI). Si evince una cornice a linguette e a listello, al cui interno, a bassorilievo, sono rappresentati i piedi e la parte inferiore delle gambe di una figura virile di profilo verso sinistra e una parte di un’asta. Probabilmente in origine simile alle steli del Trebbio e di Sant’Agata che raffigurano un guerriero.
FromRoman Imperial period sources the area of Londa was an Etruscan Pagus, that is a community tolerated and incorporated into the imperial centuriation.
Like most of the Etruscan and Villanovan settlements (Bronze Age), there were small agricultural communities that arose along the communication routes, typically in an elevated position, from which goods and fashions arrived from all over the Mediterranean. Settlements of the Villanovan era arose in the area between the 9th-7th century BC, when important and noble families enriched themselves in the area with agriculture and the control of trade routes and roads.
The archaeological finds in the area of Londa refer to the “oriental” Etruscan period referring to the 5th-6th century B.C. and testify to a certain importance of the area. After all, the barycentric geographical position between Mugello, to the north, and the Casentino, to the east, with numerous and rich finds discovered, could only place the current territory of Londa in a strategic position for traffic and commerce, in particular for the presence of the important road axis known today as Via Etrusca along the Moscia stream. The testimonies are some of the most interesting Etruscan funerary stones, of the “Fiesole stones” type, found in eastern Tuscany.
The symbolism represented and the craftsmanship quality testify well-being and wealth, as well as a certain passion for the exotic, typical of the Etruscan aristocracy of the time.
These decorated sandstones constituted important points of reference along the communication routes where the burials of the most famous people were found, who entrusted their hegemony to such durable materials. The similarity of these finds to other stones found around Florence confirm a territorial homogeneity of the entire district governed by the Lucomonìa of Vipsul (today Fiesole).
The discovery of these steles was almost always accidental and took place in the hamlet of Vierle around 1870. The density and quality of these findings within such a small area could indicate the existence of an important necropolis and templar structures still undiscovered, despite this the area has not yet been the subject of specific studies and excavations. Toponyms of clear Etruscan origin (Rata, Vierle, Rincine, Vicorati) and ancient pagan legends contribute to the mystery of this valley.
Traces of settlements, evidenced by the presence of burials, are frequent and well documented in the North West of Londa, in the localities of Frascole and Cella (Municipality of Dicomano) and in the North East on Monte Falterona (from the Etruscan “Falt Runa“, Throne of the gods) where not far away is the famous Idols Lake.
Londa territory was similarly populated at the Trebbio farm in Vierle, and a village was found on the top of Poggio Alto. This in particular has been identified as one of the first Etruscan settlements, between Val di Sieve and Casentino. This area has been theorized to be the cradle of this very particular and fascinating civilization, which would later take on a real passion for the oriental world thanks to trade with other Mediterranean civilizations.
The steles of Londa underline the importance of the “Via Etrusca” which connected Valdisieve and Mugello with the Casentino valley, which was then reused and maintained in Roman and Medieval times. No particular traces remain from the Roman period, except in some toponyms such as Caiano (Caianus) and Petroio (Petroius) from the Imperial era.
Londa Stele I
It is a lyre-shaped slabstone with a palm decoration in the upper part. Bas-reliefs are made on both faces: on one side a woman in profile with a pointed headdress, seated on a throne, carrying a sprig of pomegranate in her right hand; the opposite side shows a winged sphinx with a raised paw, a typical reference to the guardian of a necropolis. Both figures are in profile and looking to the left, and seem to be mirrored in the pose. The reference to the dualism of life / death is evident.
Londa Stele II
It shows the image of the deceased, a noble woman, who is bringing an offering to the world of the dead: the woman is depicted standing in left profile, wearing a “tutulus” hat with a veil, with a long robe that she raises with her left hand; in her right hand he holds a pomegranate. The leaf decoration was interpreted as having a phytomorphic function, in the sense that the sacred wood overlooking the sacred area would have opened up to welcome the figure of the deceased, a wish for a further assumption of vitality.