Leggio 4: Lorenzo Ghiberti

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Leggio 4: Lorenzo Ghiberti

LORENZO GHIBERTI

Insieme a Brunelleschi, Donatello e Masaccio, Lorenzo Ghiberti può essere considerato uno dei protagonisti del rinnovamento delle arti nel primo Quattrocento. E se Brunelleschi è universalmente noto per l’architettura, Donatello per la scultura, Masaccio per la pittura, a Ghiberti è riservato un posto di primo piano nell’arte orafa e nelle grandi fusioni in bronzo.

Viene riconosciuta a Ghiberti una eccezionale abilità “nell’artifiziosissimo magistero del getto” resa visibile nelle straordinarie realizzazioni delle porte bronzee del Battistero di Firenze (porta Nord, porta del Paradiso), cui devono sommarsi le grandi statue dei Santi Giovanni Battista, Matteo e Stefano di Orsanmichele, le formelle per l’incompiuto Battistero di Siena, i tanti capolavori di gioielleria (oggi dispersi), le tante statue in terracotta e le grandiose vetrate policrome per il Duomo di Firenze. Le grandi statue dei Santi Giovanni Battista, Matteo e Stefano, commissionate da tre delle Arti maggiori (Calimala, Cambio, Lana) di Firenze per ornare le facciate di Orsanmichele, furono eseguite tra il 1412 e il 1429, e l’eleganza raffinata e le grandi dimensioni delle figure insieme all’eccezionale qualità tecnica dell’arte fusoria anticipano gli esiti più spettacolari e celebri delle porte del Battistero fiorentino.

La stessa Arte di Calimala incaricava (1425) Lorenzo Ghiberti dell’esecuzione della terza porta del Battistero che venne posta in opera (1452) nel lato est, sostituendo la precedente spostata a nord. Nelle dieci grandi formelle della porta detta “del Paradiso”, la narrazione ispirata alla Storie del Vecchio Testamento si svolge in spazi regolati da innovative soluzioni prospettiche e compositive realizzate con insuperata abilità tecnica. L’eccellenza di Lorenzo Ghiberti nell’oreficeria e nell’arte fusoria nasceva dall’apprendistato nella bottega orafa di Bartolo di Michele fiorentino che lo trattò come figlio, se pure nato dal matrimonio della madre con un Cione di ser Bonaccorso Ghiberti di Pelago.

E il luogo di nascita, pur poco frequentato, non sembra essere stato dimenticato da Ghiberti quando, raggiunta la celebrità e una sicura agiatezza, l’artista dette inizio a una serie di acquisti di beni immobili (terre, case, casolari) proprio nel territorio e nel castello di Pelago. L’acquisto di beni nel contado di Pelago si sussegue con continuità tra 1427 e 1451; al primo “pezzo di terra” coltivato a vite e ulivo, posto nel popolo di San Donato a Fronzano, fanno seguito (1446) altri terreni coltivati a vigna nei popoli di San Cerbazzo e di San Clemente a Pelago, cui si aggiunge (1451) un’ulteriore terra boschiva in Fronzano. Sono poi significativi i beni posseduti all’interno del castello di Pelago i quali confinavano con le mura castellane.

(testo di Ghibertiana)

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