Pieve di Pomino

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Antica Pieve romanica in pietra del IX secolo d.C.

E’ una antenna cioè un “polo” dell’Ecomuseo, ovvero un luogo, una popolazione che custodisce l’anima del territorio e che rappresenta spazi di elaborazione culturale e rielaborazione identitaria.

La notizia più antica di Pomino  coincide con la notizia dell’attuale pieve di San Bartolomeo a Pomino e risale al 1102, quando è citata nel privilegio del Pontefice Pasquale II a favore del Vescovo di Fiesole Giovanni, come “plebem S. Jerusalem sitam in Pomino“, confermata dall’atto del Pontefice Innocenzo III nel 1134.
La strana dedicazione è da attribuirsi ad un culto diffuso tra il VI-VII secolo di una martire orientale chiamata Santa Gerusalemme.

Alla fine del secolo XIII la Pieve compare con la dedicazione a San Bartolomeo nell’elenco delle chiese della Diocesi di Fiesole del 1299 (plebes S. Barptolomaei ad Pominum). Allora il piviere di Pomino aveva per filiali le seguenti cinque chiese: Santo Stefano alla Torta (ora Santa Lucia); Santa Maria Pinzano, Sant’ Andrea a Bucigna; San Michele a Cigliano, Santa Maria ad Agna (poi San Giusto).

 In quest’arco di tempo non ci sono molte notizie sull’abitato di Pomino si può affermare che la Pieve era il riferimento dei numerosi abitati e case sparse del lato destro della Valle del Rufina. Al contempo si può affermare che l’attuale Pomino fosse su uno dei tracciati Romani che dalla Cassia Vetus (Ponte a Vico) si dirigevano nell’area dell’odierno Casentino.

La strutturazione di un’area abitata Tenuta di Pomino risale al 1500, anno di costruzione dell’omonimo Castello e fin dall’inizio si distingue per l’eccellenza del luogo in cui sorge. Ne è testimonianza la vicenda del 1716, quando il granduca Cosimo III de’ Medici individua i quattro territori più vocati della Toscana per produrre Vini di Qualità: nel bando, considerato il precursore delle moderne DOC, il territorio di Pomino è elencato accanto al Chianti, al Carmignano e al Val d’Arno di Sopra. Nel 1873 i vini di Pomino sono premiati all’Esposizione Universale di Vienna, mentre nel 1878 ottengono la medaglia d’Oro all’Expo di Parigi, il più alto riconoscimento internazionale di allora.

Chiesa di San Bartolomeo a Pomino

Architettura

La chiesa, in posizione elevata, rispetto all’abitato, domina la Val di Sieve.
La facciata, a quattro spioventi, è realizzata in pietre di arenaria regolari disposte a filaretto e presenta un portale con lunetta e una tettoia pensile soprastante a protezione del medesimo.
In alto si trova una bifora con colonnina centrale, opera del restauro compiuto qualche decennio fa.
Dal confronto con le foto, antecedenti al restauro, la facciata aveva un tetto a capanna e un finestrone rettangolare sopra il portale.

Nell’abside centrale, posta sopra uno zoccolo di pietra cava accapezzata, si apre una grande monofora a doppio sguancio, che è un probabile intervento di restauro.

Sul lato meridionale la sopraelevazione della navata maggiore lascia lo spazio per cinque monofore uguali nella tipologia a quelle dell’altro lato. Il regolare paramento murario in pietre di arenaria disposte a filaretto è arricchito da una nota cromatica, data dagli archivolti delle finestre in cotto e dagli archetti pensili a coronamento dell’abside. La chiesa ha un impianto basilicale, suddivisa in tre navate e sei campate divise da pilastri quadrangolari privi di zoccolo di base, ma coronati da una cornice modanata aggettante. Si nota una certa diversità nella muratura interna con l’impiego di bozze di pietra di dimensioni e taglio diverso, più accurate quelle dei sostegni, più irregolari quelle delle pareti, più grandi e regolari quelle della controfacciata. Inoltre, in corrispondenza della tettoia del lato destro della sopraelevazione della navata maggiore, ci sono cinque mensole in pietra che forse servivano per sorreggere l’antica copertura. In corrispondenza dell’ultima campata si aprono due porte con archivolto che conducono rispettivamente in canonica ed alla Compagnia, mentre sulla sinistra si vede una finestra trifora, ora chiusa, con due colonnine divisorie di restauro.
Sul lato settentrionale dell’edificio si aprono strette monofore a doppio sguancio ed archivolto in laterizio ed estradosso a bardellone sempre in mattoni.
Sei aperture, realizzate in maniera uguale, sono collocate nella sopraelevazione della navata maggiore. La tribuna presenta tre absidi semicircolari, ma solo quella centrale è antica e possiede una cornice di coronamento ad archetti pensili in laterizio e pietre ( cfr. pieve di San Pietro in Sillano).

La chiesa viene ricordata dagli studiosi come una costruzione che si inserisce nell’architettura romanica toscana, dovuta a maestranze locali, nella quale si individuano pietre dal taglio accurato indipendentemente dai materiale impiegati, come nelle pievi di Santo Stefano a Castiglioni, Sant’Alessandro a Giogoli, San Giovanni Battista a Remole, San Pietro a Ripoli.

La datazione probabile è fra il XII e il XIII secolo, anche se è possibile un intervento successivo nella parte della prima campata e della facciata.
La chiesa non ha però mantenuto immutato il suo stile romanico, subendo una trasformazione nei secoli XVII-XVIII, come è dimostrato dall’altare del SS. Rosario e da alcune iscrizioni presenti nel cortile della canonica. ( n. 2 iscrizioni: “FACTUM EST MULTORUM OPERE A. … ” e “FACTUM EST AERE POPULI HUIUS A.D. 1768” e un’iscrizione su un architrave sul quale è inciso lo stemma della famiglia Della Rena: ARCHIVIUM .

Negli anni ‘20-’30 di questo secolo ha subito un restauro che ha recuperato lo stile originario, pur con qualche alterazione, come è già stato evidenziato.
La chiesa conserva ancora oggi un discreto patrimonio artistico, ma probabilmente doveva essere ancora più ricco nei secoli precedenti come viene ripetutamente affermato nelle guide locali.

Niccolai ad esempio la ricorda come un monumento d’arte antichissimo, anche se scaduta rispetto alla sua bellezza originale, probabilmente poiché nel 1914 l’edificio doveva ancora avere quelle stratificazioni barocche che furono poi eliminate col restauro compiuto fra le due guerre.
Secondo Righini e poi Canessa molte delle sue opere d’arte furono trasportate nel Seminario di Fiesole.

Fra le chiese del comune di Rufina, la pieve di San Bartolomeo è la più ricca di opere d’arte e potrebbe proporsi come il luogo di raccolta di oggi.

Il Capitello

Fra gli arredi architettonici dell’edificio, di grande interesse è la colonna monolitica, posta nella prima campata della navata meridionale o di destra, al posto del pilastro quadrangolare.
Essa è sormontata da un capitello scolpito con teste maschili barbute angolari, dalla diversa fisionomia, i cui tratti sono resi sinteticamente attraverso la sporgenza dei lineamenti. Alternate a queste vediamo delle rosette, inserite entro spazi circolari predefiniti e foglie acquatiche eseguite in modo piuttosto appiattito. Il capitello presenta alla base un motivo cordonato, mentre in alto è una cornice modanata aggettante. etti artistici delle vicine chiese.
La decorazione non è di facile interpretazione: le quattro teste potrebbero alludere ai quattro evangelisti, mentre le rosette potrebbero significare le stelle del cielo.
Si tratta di un tipico esempio di scultura romanica toscana nella quale viene messa in evidenza una decorazione appiattita accanto alle lunghe teste triangolari che, come già aveva osservato il Salmi (SALMI M., La scultura romanica in Toscana, Firenze 1927, p, 49), trova un confronto diretto con quella erratica della pieve di Borgo San Lorenzo, ora conservata nei locali del Museo di Beato Angelico a Vicchio, che a sua volta Pinelli mette in relazione con una piccola scultura proveniente dalla pieve di Coneo (NEGRI D., Chiese romaniche in Toscana, Pistoia 1978,), nella quale ricorre il motivo dei volti a fianco di quello delle foglie e delle rosette.
Queste sculture si rifanno a numerosi esempi di arte lombarda che conobbero una particolare diffusione nell’Italia centrale (MORETTI I.- STOPANI R., 1974., p. 44), come nelle chiese del Casentino. Le testine del capitello, con i loro orecchi sporgenti richiamano ad esempio una testa scolpita nella chiesa di Santa Maria Assunta a Monte Cretese databile oltre la metà del secolo XII (CUSA R,. Decoro romanico, Milano, 1993, pp. 91-92).
La presenza di questa unica colonna nella chiesa a sostegno del campanile è piuttosto singolare e può rappresentare la sopravvivenza di una struttura di un edificio più antico, sopra il quale sarebbe stato edificato l’attuale chiesa. Questa ipotesi è confortata dal fatto che a un metro e mezzo di profondità è stato trovato un’altra pavimentazione che potrebbe fare riferimento ad una cripta antica. D’altra parte la colonna unica nella chiesa, in corrispondenza del campanile potrebbe assumere un significato simbolico.